da Grumentum a Grumento Nova: 2300 anni di storia

Circa due milioni di anni fa la valle doveva presentarsi ricoperta da un vasto lago naturale con clima, flora e fauna del tutto diversi dall’attuale.

A seguito di movimenti tettonici, che hanno generato la formazione della catena appenninica (definita da rilievi le cui quote si aggirano dai 1.200 metri dei Monti della Maddalena ai 2.005 metri del Monte Sirino), si formò la depressione della Valle. Con il progressivo svuotamento idrico del “paleolago” (probabilmente attraverso la frattura del coronamento montano oggi visibile nei resti delle murge di S.Oronzio, in fondo alla valle), il fiume Agri e i suoi affluenti hanno dato vita e modellato l’attuale assetto della valle.

La valle risulta abitata già dal Neozoico. Nell’età del ferro gli abitanti della valle, gli Enotri, entrano in contatto con le popolazioni greche. Il centro principale dell’epoca si colloca nei pressi dell’attuale Marsico Nuovo. Dalla seconda metà del V sec. a.C. la valle si popola di piccole fattorie, per l’intensificarsi delle attività agricole, che si affiancano ai siti fortificati. Ciò è dovuto ad una lenta supremazia di genti di stirpe sannitica. Un nuovo ethnos prende il potere in questa regione e in Val d’Agri: i Lucani.

I Lucani, a contatto sia con le popolazioni magnogreche prima, sia con i Romani poi, iniziarono ad acquisire nuovi modelli insediativi: un importante passaggio in questa fase di sviluppo “protourbano” è testimoniato dalla nascita, tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C., dell’abitato di Grumentum dove i rapporti tra Romani e Lucani furono di alleanza tra elites fino a quando Grumentum divenne teatro di varie battaglie tra cui anche quella che coinvolse Annibale (narrata da Livio). Il ritiro delle popolazioni lucane durante la seconda guerra punica, fu la causa di massicce confische subite dopo la fine del conflitto e vaste aree della valle divennero proprietà dello stato romano. La presenza più stabile di cittadini romani in un’area ancora non del tutto romanizzata rese necessario l’invio da parte di Roma di un prefetto a Grumentum. Tra l’età sillana e quella cesariana, Grumentum divenne colonia di Roma. Da questo momento e soprattutto nel periodo augusteo e giulio-claudio, anche Grumentum, come molti altri centri dell’Impero romano, visse quel periodo di uniformazione e di adesione ai modelli dell’urbis da parte delle realtà locali. La città fu dotata di un teatro, un anfiteatro, di mura urbiche, di terme, di un foro con edifici sacri e civili. Grumentum fu certamente città tra le più importanti della Lucania per tutto il periodo imperiale e nella tarda antichità divenne sede vescovile. La Val d’Agri romana era un’area particolarmente ricca e fertile anche grazie allo sfruttamento delle risorse idriche testimoniato dalla presenza dell’acquedotto romano ben conservato, che convogliando le acque di alcune sorgenti poste a valle del rilievo su cui sorge il centro abitato di Moliterno e il vicino centro abitato di Sarconi, alimentava il sito urbano di Grumentum. Gli insediamenti romani in valle si localizzavano principalmente in pianura e nelle fasce pedemontane con numerose fattorie e ville presso le quali si localizzava anche un’importante area produttiva.

Grumentum riuscì a mantenere la sua importanza fino a quando le guerre greco-gotiche prima e le invasioni longobarde poi crearono instabilità. La città si ridusse e perse il suo ruolo di polo centrale a partire dal V secolo, anche se fu insediata fino al IX secolo. I nuovi poli di controllo della valle furono prima i piccoli nuclei abitativi situati attorno alle chiese, poi i monasteri basiliani italo-greci fondati da monaci bizantini a partire dal 535 d.C, con la conquista greca dell’Italia meridionale. Scorribande saracene (872-944 d.C.) portarono all’abbandono definitivo della città ed iniziarono a strutturarsi i primi abitati d’altura. Tra IX e X secolo nacquero quindi Saponaria (oggi Grumento Nova), Viggiano, Marsico Nuovo, Moliterno, Marsicovetere; successivamente Montemurro, Spinoso, Sarconi e Tramutola.

Nel IX secolo la scissione dei Longobardi assegnò al principato di Salerno un territorio che comprende tutta l’antica Lucania e diviso in castaldati fortificati a causa delle invasioni. Dopo i Longobardi, i Normanni, trovarono l’assetto della valle già con nuovi piccoli nuclei d’altura, presso i quali costruirono i castelli. Il territorio, venne nuovamente suddiviso in feudi tra il 1154 e il 1168 sotto Federico II. Quella del Sud è una storia di feudi, storia di monarchie straniere che vi portarono costumi e istituzioni proprie dai loro paesi di origine. Per questo si sono sviluppate comunità chiuse caratterizzate da stratificazioni di cultura italica, greco-bizantina, saracena, albanese e bulgara con identità forti legate ai propri riti, ai propri linguaggi e ad un’attività prevalentemente agro-silvo-pastorale. La mancanza di una struttura urbanistica importante nei dintorni ha amplificato la chiusura dei paesi e la radicata struttura feudale non ha permesso lo sviluppo dei Comuni come nel Settentrione. Fino all’Unità d’Italia, la Valle è stata un’unità territoriale solo nelle catastrofi (terremoto del 1672).

Sebbene le comunità fossero chiuse ed isolate, con il sistema feudale si era creato un equilibrio dovuto alla specificità delle produzioni all’interno dei paesi, tant’è che tra Seicento e Settecento l’intera area visse il momento di massimo splendore economico. Fu solo nel 1806 che, con la conquista Napoleonica del Regno di Napoli, vennero aboliti i feudi. In questa occasione lo Stato francese non si preoccupò di suddividere le terre tolte ai feudi e al clero in piccole quote da distribuire ai contadini e, con l’Unità d’Italia, il governo tentò di unificare amministrativamente un territorio che di fatto presentava grandi differenze culturali ed economiche. Con il richiamo alle armi da parte dello Stato molti uomini, anche valligiani, si nascosero nei boschi sposando la causa del brigantaggio. Togliere forza all’agricoltura voleva dire affossare una già povera economia locale, così per gli abitanti della valle la scelta era tra diventare brigante o emigrare. Solo nel 1902, il governo Zanardelli si decise a visitare la Lucania ma era troppo tardi: molte persone avevano abbandonato i propri paesi negli ultimi 40 anni a causa della povertà e molti altri lo avrebbero fatto nei decenni a venire.

Fino al dopoguerra i pochi paesi restano isolati e chiusi. Le rare e dissestate strade montane rendono la viabilità complessa. Tanti sono invece i boschi e i fiumi non arginati, grandi i territori incolti e la grande distanza tra i paesi non permette ancora lo sviluppo di grandi centri propulsori di vita economica e culturale. Durante il ventennio fascista poco fu fatto, se non qualche opera di bonifica. Nel dopoguerra, con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno, il Consorzio di Bonifica costruì la diga a sbarramento dell’Agri creando il Lago di Pietra del Pertusillo (1957-1962). Successivamente (‘60-‘80) viene costruita la s.s. 598 di Fondo Valle d’Agri, che segue appunto il corso dell’Agri, non considerando le infrastrutture tra i paesi, che restano comunque isolati. Solo negli anni ‘80 la comunità montana inizia a creare una struttura di servizi sovracomunale, che comprende anche le bretelle di allacciamento alla strada principale. Parallelamente la politica accentra servizi e industrie nel fondovalle (due poli: a Villa d’Agri vengono sviluppati i servizi e a Viggiano e Grumento Nova l’industria, successivamente quella petrolifera) creando lo squilibrio economico, demografico e territoriale che l’intera area continua a portarsi dietro da allora.

 

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